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     L’Attestato di Prestazione
Energetica: ridurre i costi
per favorire il mercato
Giuseppe Dell’Olio • GSE S.p.A.
Da più parti si lamenta che l’Attestazione della Pre- stazione Energetica (APE), con il suo costo, giudi- cato eccessivo, aumenta, di fatto, il prezzo degli immobili, contribuendo a deprimerne il mercato. L’obie- zione – ragionevole – dei tecnici certificatori suona più o meno così: la redazione di un APE si basa, per legge, su norme tecniche assai complesse. La loro applicazione richiede (oltre ad una notevole perizia tecnica) l’impiego di strumenti software complessi a loro volta, e quindi costosi. Il costo di tali strumenti viene necessariamente trasferito sul compenso professionale del Certificatore. Di tale problema si è ben reso conto il Legislatore, il quale ha previsto, non a caso, la possibilità di impiegare metodi di calcolo semplificati (basti citare, tra tutti, l’articolo 6, comma 9, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n.192). Come è possibile, allora, svolgere i calcoli relativi ad un APE (in particolare, i calcoli che determinano la “classe energetica” dell’edificio) in maniera semplificata e tuttavia rigorosa? Nel seguito cercheremo una risposta (persona- le, si intende, come tutte le conclusioni tratte dall’autore in questo articolo).
Chi si è trovato a redigere un APE sa che uno dei calcoli più laboriosi riguarda la radiazione solare che colpisce
l’edificio, e in particolare le superfici vetrate. Per calco- larne, infatti, il contributo al bilancio termico complessi- vo, occorre distinguere tale radiazione secondo il mese e secondo la direzione di incidenza. Per ogni mese e per ciascuna direzione occorre tener conto dello stato (aper- to o chiuso) delle “schermature mobili” (tende, veneziane ecc.), e anzi della frazione di tempo in cui esse verranno, presumibilmente, tenute chiuse.
Anche nel caso, semplicissimo, di quattro sole pareti ver- ticali, si tratta di circa trenta numeri (qualcuno di meno nelle zone climatiche più calde, nelle quali più breve è la stagione di riscaldamento; qualcuno di più nelle zone più fredde).
Perché non scegliere tra tutti questi numeri, una volta per tutte, quei pochi che rendono minimo il contributo solare? Il calcolo diverrebbe enormemente più semplice, e per di più cautelativo: l’apporto gratuito del sole risulte- rebbe stimato per difetto.
Noi ci abbiamo provato, naturalmente. E con riferimento a un caso reale.
Abbiamo scelto una villetta nell’Italia centrale, progettata nel 2011, ben isolata termicamente, dotata di solo im- pianto di riscaldamento.
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