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strizioni imposte sull’importazione di prodotti petroliferi. Di conseguenza, la quasi totalità dei biocarburanti drop- in attualmente disponibili sul mercato deriva da processi oleochimici di idrogenazione di oli e grassi. Questi pro- dotti vengono generalmente indicati con le sigle HEFA (Hydrotreated Esters and Fatty Acids) o HVO (Hydrotre- ated Vegetable Oils) e sono stati i biocarburanti più usati nei test di volo condotti dalle forze armate degli Stati Uniti e da numerose compagnie aeree. Per distinguerli dal co- mune biodiesel, vengono anche chiamati con i termini “green diesel” o “diesel rinnovabile”.I processi industriali per la produzione di green diesel sono in genere costituiti da due stadi successivi. Nel pri- mo stadio i grassi vengono deossigenati, separando la glicerina dagli acidi grassi, mentre i doppi legami presenti in questi ultimi vengono saturati, ottenendo una miscela di alcani lineari a catena lunga (tipicamente 16-22 atomi di C). La deossigenazione avviene con due diversi mec- canismi, idro- deossigenazione e decarbossilazione, che portano rispettivamente alla rimozione dell’ossigeno sot- to forma di H2O e CO2. Il secondo meccanismo, che non richiede idrogeno, ma dipende solo dalla natura e funzionalità del catalizzatore, determina un accorciamen- to delle catene di atomi di C, mentre il primo ne preserva la lunghezza. Il bilanciamento fra queste due reazioni, che costituisce un elemento distintivo dei diversi processi industriali, ha un’in uenza determinante sulla composi- zione della miscela  nale.Il prodotto deossigenato in uscita dal primo stadio del processo è simile al gasolio per composizione, ma non ne possiede le proprietà, soprattutto per quel che ri- guarda il comportamento alle basse temperature. Nel- lo stadio successivo, l’ulteriore aggiunta di idrogeno porta alla rami cazione, o isomerizzazione, delle ca- tene e ad una parziale rottura (cracking) delle stesse,ottenendo così una frazione analoga al gasolio e una più “leggera” con le caratteristiche del jet fuel e della benzina.Una rappresentazione schematica del processo di pro- duzione del green diesel è riportata nella  gura 3.La resa di conversione in idrocarburi liquidi è dell’ordi- ne dell’80%, mentre il restante 20% della materia prima viene convertito in acqua ed ef uenti gassosi come pro- pano, metano, CO e CO2 che, tranne la CO2, vengono generalmente bruciati per fornire calore al processo.La distribuzione relativa fra le tre componenti del prodot- to  nale dipende sia dal substrato che dal catalizzatore e dalle condizioni di processo ed è diversa a seconda dell’industria produttrice, ma la frazione del carburante diesel è sempre quella più abbondante. Ad esempio, un processo con una elevata componente di decarbossi- lazione (tecnologia UOP) il 65% circa dell’olio in entra- ta è convertito in gasolio, mentre solo il 13% diventa jet fuel. Se si vuole incrementare la produzione di questo carburante  no al 50%, la richiesta di idrogeno aumenta del 30% e la resa complessiva di conversione scende dall’80% al 70%, per cui è necessario valutare atten- tamente la convenienza di una simile scelta in base ai maggiori costi sostenuti e al prezzo di mercato dei diversi prodotti.Come detto precedentemente, i biocarburanti drop-in da processi oleochimici sono gli unici ad essere prodotti in impianti industriali anche di notevoli dimensioni. Il mag- gior produttore è la Neste Oil, industria petrolchimica  nlandese, che ha attualmente in funzione tre impianti (Porvoo, Singapore e Rotterdam) con una capacità pro- duttiva totale di quasi 2 milioni di t/anno,Dalla primavera del 2014, anche l’ENI ha iniziato a pro- durre HVO presso la propria bioraf neria di Porto Mar- ghera (processo Eco ningTM, sviluppato insieme a UOP),Rappresentazione schematica del processo di produzione di green diesel mediante idrogenazione di materie prime oleoseTecnologie & iniziaTive4/2016 19


































































































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