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za delle catene di atomi di carbonio, e la curva di distil- lazione, che rappresenta l’intervallo di temperatura entro cui distillano gli idrocarburi che costituiscono i diversi car- buranti. Quanto più questi valori si discostano da quelli dei combustibili fossili, tanto maggiori sono i problemi per l’impiego nei motori attuali, concepiti per funzionare in modo ottimale solo quando vengono alimentati con carburanti che rispondono a speci ci standard qualitativi. Di conseguenza, i biocarburanti liquidi possono essere aggiunti a gasolio e benzina per alimentare gli autovei- coli attualmente in uso solo in percentuali tutto sommato abbastanza limitate (nella UE max. 7% per il biodiesel e 10% per l’etanolo), e questo rende di fatto impossibile il raggiungimento dell’obiettivo stabilito dalla direttiva 28/2009 utilizzando solo questi prodotti.Negli anni passati, sono state prospettate come possi- bili soluzioni l’immissione sul mercato di biodiesel puro per alimentare veicoli diesel compatibili in tutte le loro componenti con l’uso di questo carburante (esperienza portata avanti per alcuni anni in Germania e successi- vamente abbandonata) e la diffusione di autoveicoli speci camente concepiti per utilizzare miscele con un contenuto variabile,  no all’85% di etanolo (chiamati per questo veicoli  exfuel). Fino ad oggi, però, i costi elevati e le problematiche tecniche ed economiche legate alla necessità di realizzare una rete di distribuzione dedicata hanno fortemente limitato - a differenza del Brasile, dove le vendite di questo tipo di veicoli hanno eguagliato quelle dei corrispondenti automezzi a benzina - l’uso di questa particolare motorizzazione.È quindi evidente che una futura crescita signi cativa del mercato dei biocarburanti potrà veri carsi solo con la dif- fusione di una nuova generazione di prodotti in grado di superare i limiti della situazione attuale. Ricerca e inno- vazione tecnologica assumono quindi un ruolo determi- nante per vincere questa s da, ponendosi come obiettivi fondamentali:• L’ampliamento della gamma di materie prime utilizzabili per la produzione di biocarburanti convenzionali (inno- vazione di processo);• La produzione di nuove tipologie di biocarburanti, con caratteristiche più simili a quelle dei carburanti di origi- ne fossile, da materie prime convenzionali e non (inno- vazione di processo/prodotto).Soprattutto per quel che riguarda il secondo punto, è evidente che in questo modo si può pensare di utilizzare i biocarburanti anche in settori, come il trasporto aereo, dai quali sono stati  nora sostanzialmente esclusi.Dopo il 2020, infatti, non sarà più previsto un obiettivo speci co per le fonti rinnovabili nel settore dei trasporti, ma tutti i settori che incidono sui consumi  nali di energia dovranno fornire il loro contributo al raggiungimento degli obiettivi complessivi di uso delle fonti rinnovabili e ridu- zione delle emissioni di CO2 e altri gas climalteranti. In quest’ottica, il trasporto aereo, che già oggi incide in una percentuale non trascurabile sui consumi totali (in Italia circa 3,9 milioni di t di jet fuel, contro 7,8 Mt di benzina e 25,4 Mt di gasolio nel 2015) e rappresenta il segmento con la maggiore previsione di crescita dell’intero settore, dovrà ridurre sempre più i consumi di carburanti di origi- ne fossile, ricorrendo anche all’impiego di biocarburanti, che dovranno rispettare tutte le speci che qualitative -estremamente severe - richieste dai produttori degli ae- romobili e dalle compagnie aeree.I biocarburanti di nuova generazione simili, per compo- sizione e proprietà, ai carburanti di origine fossile sono chiamati “drop-in biofuels” e sono costituiti da miscele di idrocarburi analoghe a benzina, gasolio e jet fuel. Questa sostanziale equivalenza implica che i biocarburanti drop- in devono possedere le stesse caratteristiche dei carbu- ranti convenzionali in termini di miscibilità, compatibilità, stabilità, trasportabilità e stoccaggio da parte delle infra- strutture di distribuzione esistenti e, ovviamente, facilità di utilizzo da parte dei motori attuali.In pratica, un biocarburante “drop-in” è miscibile con gli equivalenti fossili in qualsiasi percentuale ed è sostanzial- mente indistinguibile da questi ultimi.I biocarburanti drop-in possono essere prodotti da bio- masse di varia natura con processi che presentano diver- si livelli di sviluppo, dagli impianti industriali al laboratorio. Questi processi possono essere ricondotti a tre principali tipologie:• Processi oleochimici, basati sull’idrogenazione di sub- strati lipidici come oli vegetali (inclusi quelli provenienti da colture di microalghe), o grassi animali;• Processi termochimici, che prevedono la conversio- ne ad alta temperatura della biomassa lignocellulosi- ca in  uidi intermedi (olio di pirolisi o gas di sintesi) e la successiva idrogenazione o conversione catalitica (processo Fischer-Tropsch) di questi  uidi a miscele di idrocarburi liquidi;• Processi biologici, che convertono gli zuccheri (da bio- masse zuccherine e amidacee, ma anche dall’idrolisi di materiali lignocellulosici) in alcoli a catena lunga o idrocarburi.Analogamente a quanto avviene in raf neria, dove il petrolio greggio viene trattato con idrogeno per rimuo- vere zolfo, ossigeno e altri eteroatomi (hydrotreating) e “spezzare” gli idrocarburi a catena lunga in molecole più corte (cracking), la produzione di biocarburanti drop-in richiede l’apporto di idrogeno per rimuovere l’ossigeno, sotto forma di H2O o CO2, dai prodotti intermedi di tra- sformazione delle biomasse lignocellulosiche o dai lipidi o, in alternativa, processi chimici o biologici di riduzione (de-ossigenazione) che comportano però, specie se si parte da carboidrati, il consumo di quantitativi non tra- scurabili di substrato.Ovviamente, tanto minore è il contenuto di ossigeno da rimuovere e maggiore il rapporto Heff/C (Heff, che sta per idrogeno effettivo, indica la differenza fra il numero di atomi di H e il numero di atomi di O moltiplicato per 2) nel substrato di partenza, tanto meno dispendioso sarà il processo produttivo in termini di idrogeno necessario e consumi di energia.Considerato che il rapporto Heff/C per gasolio, benzina e jet fuel è prossimo a 2, è evidente che, fra i possibi- li substrati derivati dalla biomassa, i lipidi e altri prodotti oleosi, che hanno un valore del rapporto pari a 1,8, sono quelli più facilmente trasformabili in miscele di idrocarbu- ri, specie se comparati ai materiali lignocellulosici (0,2), ma anche al carbone (0,5) utilizzato per produrre gasolio sintetico, via gassi cazione e sintesi di Fischer-Tropsch, dalla Germania durante la seconda guerra mondiale e, in anni più recenti, dal Sudafrica come risposta alle re-18gestione energiaTecnologie & iniziaTive


































































































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