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ze logistiche e d’investimento dei cicli combinati gas vapore, si sia spostato poi, in una fase di contrazione della domanda, al servizio della generazione decentrata presso le utenze.
In mancanza di una penalizzazione speci ca delle emis- sioni di CO2, i vecchi impianti a carbone sono invece rimasti in opera; essi sono stati spesso aspramente di- fesi a livello locale, in nome del mantenimento dell’oc- cupazione, mentre ci si opponeva magari a prototipi di solare termodinamico, in nome della non occupazione di suoli agricoli.
Nel corso del 2015, con la caduta dei prezzi del petrolio che ha trascinato dietro tutti gli altri combustibili, car- bone in specie, persistendo la crisi produttiva la situa- zione non è cambiata.
La tabella 4 presenta i dati sul ruolo della cogenerazio- ne nel decennio secondo i vari combustibili.
Rispondenza agli obiettivi
di decarbonizzazione dell’energia
Il fatto che principali paesi europei le direttive della UE ed i decreti dei governi abbiano fatto ridurre la gene- razione elettrica da metano, salvaguardando quella a carbone, indica che vi è stata una causa comune.
Per la Germania ci poteva essere l’opportunità di pro- teggere l’occupazione e gli investimenti nei giacimenti a cielo aperto e nella generazione dalle ligniti, ma si sono chiuse le miniere profonde di carbone (importan- dolo per le centrali) e si è costruito un nuovo gasdotto dalla Russia, posto sul fondo del Baltico, quindi libero da manomissioni di altri paesi.
In Italia non esistono fonti nazionali di carboni di qualità e basso costo; varie proposte di realizzare nuovi im- pianti per carbone ad alta tecnologia sono state tutte respinte a livello locale, non tanto per effetto di rilievi e misure quanto per ri uto globale di discutere, Solo l’impianto di Torvaldaliga, a vapore supercritico e con i due carbonili chiusi, è stato realizzato.
Una spiegazione semplicistica poteva far ritenere che un mix di generazioni da fossili a basso costo e da fonti rinnovabili ad alto costo di costruzione fosse un modo di rispettare gli obiettivi del 20/20/20 contenendo i costi per i consumatori. Una disamina della situazione pota però a vedere che in Italia il prezzo di borsa è fatto dagli impianti a gas che sono capaci di variare rapidamente le loro prestazioni per seguire il carico; gli impianti a
carbone puntano al carico di base, avendo minori costi per il combustibile possono, prevedibilmente, offrire a prezzi più bassi e essere sicuri di poter produrre, in- cassando comunque il prezzo di borsa chiesto dagli impianti più  essibili. Quindi è plausibile che in Italia non ci sarebbe stato un maggiore costo per i consumatori se fosse stata ridotta la produzione da carbone.
La spiegazione più diretta della mancata scelta del combustibile con minori emissioni climalteranti sta nel fatto che, mentre la politica di stimolo ha avuto un forte successo perché il livello degli incentivi (da 10 a 30 c€/ kWh elettrico, in Italia) era tale da superare le dif coltà “del fare”, al contrario la politica, sia del ETS sia della Carbon Tax, cioè della penalizzazione normativa, ha  s- sato dei valori così bassi che non ha attivato nessuna decisione delle imprese verso l’uso di combustibili con minori emissioni di CO2.
Nel decennio la generazione elettrica da fonti fossili è diminuita di 80 TWh, di cui 20 TWh per la diminuzione della domanda e 60 TWh per aumentato impiego di fonti rinnovabili. La riduzione delle emissioni climalte- ranti è stata di circa 59 Mton, ipotizzando che la caduta di generazione si sia ri essa solo sui consumi petroliferi si avrebbe una riduzione di 16 Mton per i minori con- sumi e una di 43 Mton per l’aumento delle rinnovabili. In via puramente speculativa si può esaminare l’effetto che avrebbe avuto la sostituzione di almeno 35 TWh di elettricità da carbone - lasciando in funzione solo 10 TWh alla moderna centrale di Torvaldaliga - sostituen- doli con generazione da cicli combinati a gas. Si avreb- be un’emissione evitata dal carbone (35x2,36x49) pari 32,9 Mton ed una emissione aggiuntiva da maggiore uso di metano (35x0,17x2,34) pari a 13,8 Mton con un bene cio di 19,1 Mton di minori emissioni. Si porrebbe un problema di “capacity payment” a favore del carbo- ne così come oggi si pone a favore dei cicli combina- ti, ma essendo gli impianti a carbone molto più vecchi quindi più ammortati, dovrebbe avere un impatto mi- nore (sempreché ovviamente abbia senso adottare un capacty payment). Questa riduzione, ottenibile senza investimenti e senza costi per i consumatori, è pari al 44%di quella ottenuta dall’espansione delle fonti rin- novabili.
Indubbiamente le politiche di incentivazione hanno maggior apprezzamento che le politiche di repressione, le prima generano amici, le seconde generano nemici.
Una versione più approfondita e dettagliata dell’articolo è disponibile nella pressroom del sito FIRE
BiBliogRAfiA
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gestione energia
1. http://www.terna.it/it-it/sistemaelettrico/statisticheeprevisioni/datistatistici.aspx
2. http://www.terna.it/it-it/sistemaelettrico/statisticheeprevisioni/datistatistici.aspx
3. http://pressroom. re-italia.org/vento-sole-acqua-tomassetti/
4. http://www.terna.it/it-it/sistemaelettrico/dispacciamento/datiesercizio/rapportomensile.aspx
Tecnologie & iniziaTive


































































































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