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Guardare la realtà per capire. Ma non può farlo qualcun altro?
Giuseppe Tomassetti
Cari lettori,
in questo numero troverete una sintesi di un mio articolo che analizza come l’evoluzione della generazione elettrica nei 10 anni 204-2014 ha risposto all’obbiettivo di decarbonizzare la nostra economia; alla  ne del lavoro ho sentito la necessità di andare a rileggere i documenti iniziali del 2010.
Gli impegni italiani, per l’Accordo UE 202020 all’anno 2020, furono presentati agli operatori nel giugno luglio 2010, nella sede della Presidenza del Consiglio. Sulla base degli scenari del PAN (Piano di azione Nazionale per le energie rinnovabili) furono estrapolate due pagine di sintesi, dapprima avendo in mente la conversione in fonti primarie colla metodologia BEN, poi riscritte secondo la convenzione EUROSTAT in usi  nali (che pari cano il risparmio elettrico rispetto a quello termico) e inviate poi a Bruxelles nel settembre 2010.
Il confronto delle previsione al 2014 con i dati effettivi fa emergere alcune considerazioni: le previsioni da scenario erano ovviamente per evoluzioni monotone, la realtà italiana invece va a “go and stop”. Si prevedevano 79 TWhe da fonti rinnovabili e se ne sono prodotti 117 grazie anche alla piovosità; si prevedevano 5,5 Mtep di calore rinnovabile e se sono generati 10,2. Le due maggiori differenze sono: la produzione fotovoltaica, quadruplicata grazie alla generosità del Parlamento e l’impiego di biomasse nelle residenze, quasi triplicato grazie ad un censimento ISTAT che ha permesso di sostituire vecchi dati notoriamente errati. L‘elettricità da eolico e da biomasse solide era ben stimata, mentre il biogas è più che raddoppiato, bioliquidi e pompe di calore aumentate del 30%. Zero invece in innovazione e ricerca, quindi niente solare a concentrazione o eolico in mare.
Nel PAN non vi erano indicazioni stringenti di quali strutture fossero incaricate di monitorare l’applicazione del Piano e di aggiornarlo, quali risorse fossero predisposte per questi scopi, né erano previsti meccanismi di allarme e di feedback.
Nei documenti di questi anni che presentano i risultati ottenuti sulla quota di fonti rinnovabili non viene fatto nessun riferimento a questo documento e non si analizza se gli scostamenti, rispetto alle previsioni, siano da addebitare prevalentemente a variazioni del contesto esterno, a inadeguatezze dei modelli di previsione o invece ad errori nella lettura dei dati di input. E’ mancata così sia la formazione di un consenso degli operatori sulle scelte, sia il supporto al Parlamento per valutare le conseguenze delle decisioni legislative, sia una crescita della capacità di monitorare le continue mutazioni della realtà economica e sociale.
A supporto dei piani futuri manca una valutazione comparativa delle varie tecnologie che consideri in modo integrato le prestazioni, i costi bene ci per l’imprenditore e per i consumatori, i vincoli  nanziari, lo sviluppo locale e gli aspetti sociali locali e nazionali; il tutto basato su quanto avvenuto in questi 10 anni. Si direbbe che, per paura di non riuscire, abbiamo messo troppo fuoco all’inizio, siamo andati oltre l’obiettivo, ci siamo spaventati dei costi e della complessità che non si erano saputi prevedere e si è fermato tutto, anche l’analisi delle evoluzioni e di cosa abbiamo fatto; come se non sapessimo cosa fare di questi cinque anni, dal 2015 al 2020, li stiamo buttando via.
2/2016 7
Editoriale


































































































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