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Le nostre leggi nascono come Minerva o come il Cavaliere Inesistente?
Giuseppe Tomassetti
Secondo la mitologia la romana Minerva, così come la greca Atena, dee della saggezza, pur avendo una madre oltre ad un padre, nascevano, uscendo dalla testa di quest’ultimo, già grandi ed attive: l’elmo era in testa, anche se alzato, lo scudo con la Gorgone sostenuto dalla mano sinistra e nelle destra la lancia.
Le nostre leggi nascono apparentemente nello stesso modo dal Parlamento, appena pubblicate dalla Gazzetta Ufficiale entrano in vigore, una lunga premessa di “visto...” le protegge come un elmo, una minuziosa indicazione di dettagli le protegge come uno scudo dalle interpretazioni erronee, le penalità ed i giudici infilzeranno, come una lancia, i rei. Purtroppo nella sostanza le cose sono molto diverse, più simili alla situazione del Cavaliere inesistente di Calvino, l’elmo è vuoto, non c’è la testa di persone preparate e motivate ad attuarle.
Quando le prime applicazioni mostrano incongruenze non ci sono procedure per sanarle, così come per prorogare scadenze che non si è preparati a rispettare, occorre aspettare un parlamentare interessato che infili un emendamento ad hoc al decreto milleproroghe dell’anno successivo; possibilità aperta anche a cavalieri inesistenti, come nell’agosto 2010, quando spinte lobbistiche stravolsero le logiche del decreto di promozione del fotovoltaico del 2007, facendo saltare definitivamente il raccordo con la produzione nazionale promossa dal programma “Industria 2015”.
I controlli poi sono affidati, in default, a strutture già notoriamente inadeguate per incarichi precedentemente affidati; quando poi avviati dopo anni di prassi di larga liberalità, come successo per i TEE, si finisce per dover saltare la fase della prevenzione, entrando forzatamente in quella degli irrigidimenti burocratici e dei reati penali.
Per decenni abbiamo lavorato con la saliva e la bava dell’invidia alla bocca, nei programmi europei, con uno stanziamento di entità non trascurabile per misure di accompagnamento e per divulgarli gestirli e monitorarli, con le Commissioni che nei bandi annuali attuavano modifiche tenendo conto dei risultati sul campo.
Venendo alle cose di casa nostra, passando al settore civile, istruttivo può essere osservare l’evoluzione dell’obbligo di inserimento delle fonti rinnovabili nelle nuove costruzioni.
La prima volta questo obbligo compare, in attuazione di delibere UE, nel D. Lgs. 311 del 2006 con applicazione ai soli consumi di acqua calda sanitaria; successivamente nel 2011 è il D. Lgs. n.28 che riprende l’argomento estendendo l’applicazione anche ai consumi per il riscaldamento. La gestione del territorio è di competenza concorrente fra Stato e Regioni mentre poi l’attuazione ed i controlli spettano ai Comuni. Così si sono avute leggi regionali con parametri più o meno restrittivi ed infine delibere dei Comuni per l’inserimento nei Regolamenti Edilizi.
In tutti questi atti non ci si è preoccupati molto se i Comuni avessero o meno risorse umane di competenze adeguate, di come formarle e di come, in mancanza di possibilità di assunzioni, reperirle da altre attività. Non ci si può poi meravigliare che, nonostante le leggi e nonostante gli incentivi(detrazioni fiscali e conto termico) le applicazioni diffuse delle fonti rinnovabili siano ancora così scarse.
1/2016 7
Editoriale


































































































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